Scusi, mistampa un cuore in 3D ?
per i medici avere dei fedeli modelli tridimensionali tra le mani prima di un’operazione è una svolta. al Mit (l’ideatore è italiano) è stato ricostruito così l’organo cardiaco, ma Iil futuro promette molto altro. di Maddalena Bonaccorso
mmaginate di avere un problema al cuore, l’urgenza di un intervento, la necessità di sostituire una valvola, e immaginate che i vostri cardiologi possano avere a disposizione, lette- ralmente in mano, una «copia» del vostro cuore: perfetta, con le funzioni identiche e con la precisa simulazione
della malattia che vi affligge. Un gemello robotico, che batte come il vostro, su cui l’équipe può decidere, capire e sperimentare - meglio e con più precisione - come interve- nire, quale tipo di valvola impiantare, come reagirà il cuore all’intervento.
Lo sforzo di immaginazione è minimo, perché questa è (quasi) la realtà. Nell’era delle stampanti 3D, macchine straordina- rie che, adeguatamente istruite, possono riprodurre praticamente qualsiasi ogget- to, sono in corso in tutto il mondo diversi esperimenti per creare organi umani da impiantare nel corpo in caso di bisogno, e «modelli» sui quali i medici possano fare pratica e svolgere ricerche.
L’ultima novità, forse al momento la più promettente, arriva dal Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Cambridge, negli Usa, e il primo firmatario è un ingegnere biomedico italiano di 27 anni, Luca Rosa- lia: insieme ai suoi colleghi ha creato un modello robotico di un cuore, stampato in tre dimensioni, soffice, flessibile e capace di contrarsi come l’originale. Importantissimo per la personaliz- zazione delle cure: «Nessun cuore batte e reagisce allo stesso modo di un altro» spiega Rosalia. «Specie in caso di patologie, le differenze tra pazienti aumentano in ma- niera esponenziale, perché nei cardiopatici il cuore lavora più duramente per superare le funzioni compromesse. I vantaggi del nostro progetto sono quelli di poter ricre- are il cuore di un paziente non solo nella forma, ma anche e soprattutto nella sua funzionalità, sia fisiologica sia patologica».
Una piccola grande rivoluzione della tecnica: un progetto ambizioso, pubblicato sulla rivista Science Robotics, che non ha però avuto un facile esordio, considerando che l’inizio dello studio è datato gennaio 2020: «L’idea è nata dalla richiesta di uno dei nostri collaboratori clinici» dice Rosalia. «Qui c’è una grande sinergia tra ospedali e Università, così quando un medico ci ha richiesto un modello “fisico” di un cuore con un particolare tipo di insufficienza car- diaca, avente origine dalla stenosi aortica, abbiamo iniziato a lavorarci. Dopo poche settimane è scoppiata la pandemia da Co- vid-19, che ci ha imposto la chiusura dei laboratori e il quasi totale lockdown».
Il giovane ingegnere non si arrende, e «ricrea» nella stanza del suo dormitorio al campus del Mit un laboratorio in miniatura. Non volendo bloccare il progetto, decide di portarsi a casa un po’ di macchinari e du- rante i mesi di chiusura continua a lavorare sul cuore ibrido robotico: «Avevamo già ot- tenuto dall’ospedale tutti i dati dei pazienti con stenosi aortica, sia le immagini delle valvole e del cuore sia i dati di emodinami- ca, e li abbiamo utilizzati per ricreare, in un modello computerizzato tridimensionale, non solo l’anatomia dei cuori dei pazienti ma anche la funzione in malattia. Grazie infatti a un sistema di maniche robotiche, simili a polsini, posizionati intorno a cuore e aorta, riusciamo a simulare il movimento della valvola in fisiologia e in malattia».
Alla riapertura dei laboratori, l’équipe, guidata dalla professoressa di Ingegneria meccanica Ellen Roche, relatrice di Rosalia, entra nel vivo dei lavori e inizia a stampare in 3D i modelli robotici. Ottiene il «guscio» morbido che ricrea il cuore del paziente e l’aorta, stampandoli con un macchinario che utilizza un particolare tipo di fotopoli- mero, e poi passa a stampare i manicotti, in grado di imitare esattamente l’azione di pompa del cuore e anche di stringere l’aorta in modo da simulare i vari tipi di stenosi cardiaca.
Il risultato finale è ottenere, per ogni paziente, la copia del cuore con la sua pato- logia. Questa procedura, in futuro, potrebbe consentire ai medici di utilizzare dei gemelli robotici per impiantare una serie di valvole diverse nei «facsimile», prima che nel cuore del paziente - e scegliere il più funzionale e adatto. Inoltre, le repliche degli organi potrebbero anche essere impiegate per te- stare terapie e dispositivi medici per varie malattie cardiache. Il gemello robotico in-fatti, «reagisce» alle cure e invia agli studiosi tutta una serie di segnali. «Per esempio, dopo aver impiantato le valvole sul cuore in 3D» continua l’ingegnere «possiamo stu- diarlo con un’ecografia, monitorare il flusso sanguigno e prevedere come evolveranno i valori pressori: dal punto di vista emodi- namico possiamo eseguire gli stessi esami che faremmo all’organo del paziente. Ciò che non è possibile è controllare il sistema elettrico e le componenti biologiche, che ovviamente funzionano in altro modo».
Adesso, la sfida è sulla velocità: al mo- mento, nei laboratori del Mit si riesce a riprodurre un organo in un giorno, ma l’o- biettivo è crearlo in poche ore, in modo da consentire ai malati di entrare al mattino in ospedale e uscirne la sera con il cuore nuovo. Con grande risparmio per il sistema sanitario e di stress per i pazienti.
Intanto, oltre che al Mit, in tutto il mondo le stampanti 3D lavorano al fianco di scienziati e medici non solo per fornire modelli di organi ma anche per sostituirli del tutto. E non solo il cuore: nel giugno 2022, una donna messicana di 20 anni con una grave malformazione all’orecchio ha ricevuto per la prima volta un impianto au- ricolare stampato in 3D dalla società 3DBio Therapeutics di New York, realizzato con le sue stesse cellule; e sempre l’anno scorso l’Hôpital de la Conception di Marsiglia ha avviato test clinici sulla produzione di pelle con stampanti tridimensionali.
In India, un gruppo di ricerca di Hyde- rabad ha sviluppato una cornea ottenuta con un bio-inchiostro da tessuto corneale, senza aggiungere alcun elemento sinte- tico, mentre in Cina, al Tongi Hospital si «stampano» le ovaie utilizzando cellule dei topi e gelatina metacrilica. Ancora: in Bra- sile ricercatori dell’Università di San Paolo hanno usato il bioprinting per realizzare un fegato in miniatura, partendo dalle cellule del sangue. La ricerca corre veloce: in un futuro non lontano, forse, i donatori umani non serviranno più.
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